Rottura del timone per due imbarcazioni, con il lancio dell’SOS da parte di una, due che hanno rotto la randa, una che ha rotto il boma. Questo il bollettino di quanto accaduto nel Trofeo “Vejo Sampiero” organizzato dal Circolo Erix di Lerici. Ventidue imbarcazioni partite, solo due hanno tagliato la linea di arrivo, dopo aver percorso la rotta Lerici- Gorgona-Lerici. Altro scenario per la trentaduesima edizione della Barcolana, con 25 barche soccorse o assistite, tre semiaffondate, mezza dozzina di disalberamenti, alcuni feriti tra cui una ragazza grave (caso poi risolto positivamente). Delle circa 700 barche partite solo poco più di trecento quelle arrivate al traguardo, con 84 imbarcazioni di lunghezza inferiore ai nove metri, tra cui tre J24 e due Meteor. I due esempi citati, se pure differenti nello scenario e nelle condizioni meteorologiche, stanno a significare che anche in condizioni di tempo cattivo si arriva: se l’imbarcazione è in ordine nell’attrezzatura (albero, sartie, vele), se l’equipaggio ha una preparazione marinaresca che gli permette di fronteggiare adeguatamente la situazione, se il numero dei componenti è tale da fare velocemente le manovre necessarie per affrontare con successo il cattivo tempo.

Nel Trofeo Sampiero vento da libeccio forza cinque alla partenza, vento che poi ha ruotato a sud rinforzando a forza sei, mare formato forza quattro, cinque in prossimità dell’isola Gorgona.

Una situazione meteo chiara. Chi partito sapeva (o avrebbe dovuto) quali vele tenere alzate, quale rotta assumere per arrivare nella posizione migliore in prossimità dell’isola Gorgona, dove il vento normalmente rinforza. E invece… qualche straorzata di troppo, la velatura inadeguata per quel tipo di vento e mare ed equipaggi a “pagliolo”, distrutti dal mal di mare, hanno provocato la rottura del timone di due imbarcazioni. L’equipaggio dell’una ha lanciato l’SOS prontamente raccolto da Compamare Livorno che ha disposto per l’invio dei soccorsi. Lo skipper dell’altra ha fronteggiato meglio la situazione riuscendo a rientrare a La Spezia con la scorta di un’altra imbarcazione che si ritirava. Le barche che hanno rotto le rande sono rientrate a vela a La Spezia con i loro mezzi, mentre la barca che ha rotto il boma si rifugiava in Gorgona. I diversi comportamenti sono citati per dire che di fronte allo stesso incidente e situazione meteo, il comportamento degli skipper è stato differente. Minore autocontrollo e fiducia nei propri mezzi o dell’insieme “barca” per chi ha lanciato l’SOS o si è rifugiato in Gorgona, maggiore padronanza di sé per coloro che, preso atto dell’avaria occorsa, hanno saputo fronteggiarla.

A Trieste la situazione era diversa: la Bora era presente nel golfo da vari giorni, ed al briefing che precede la regata era già stato detto che molto probabilmente la partenza della regata avrebbe potuto subire un rinvio. I dati che arrivavano dal radar a effetto doppler di Fossalon prevedevano questa soluzione. Era stato altresì raccomandato di tenere presente, in caso di decisione di partecipare, le condizioni meteo, le condizioni delle barche e le qualità marinaresche degli equipaggi. È stata data la partenza alle tredici, quando la Bora, scura, con scrosci di pioggia, soffiava con intensità di trenta nodi, ma con una distribuzione geografica non uniforme, tanto che le barche in prossimità del castello di Miramare sono partite con la velatura piena. Le condizioni del vento sono rimaste anomale per tutta la durata della regata, tanto è vero che quando la Bora ha rinforzato fino a cinquanta nodi, mentre i primi stavano per arrivare, coloro che si trovavano al traverso a un miglio e mezzo da questi concorrenti, sono giunti fuori tempo massimo perché in piena bonaccia. Ma la Barcolana è anche questo! Coloro che si sono fatti sorprendere sono stati i responsabili di quanto accaduto: 25 barche soccorse, 3 semiaffondate, mezza dozzina di disalberamenti. Possiamo affermare che i danni sono stati limitati da un imponente servizio di sicurezza e soccorso, che vedeva in mare 23 motovedette, 20 motoscafi, 7 rimorchiatori, 6 gommoni e un elicottero che sorvolava il campo di regata. La nota positiva è stata la salvezza della ventiseienne ragazza austriaca entrata in coma in seguito a una “bomata” presa peraltro durante i preparativi per la partenza. Gli incidenti accaduti sono dovuti a imperizia come a disattenzione, al farsi trovare con troppa “tela” al sopraggiungere delle raffiche, ma l’arrivo di ben 84 barche di lunghezza inferiore ai nove metri e fra queste cinque lunghe 6 e 7,20 metri, sulle oltre 700 partite sta a significare che la barca a vela è una macchina (del vento) che risponde a ordini e assetti precisi. Coloro che hanno saputo gestire la barca, sono giunti al termine della regata. L’unità “barca” è composta da: skipper, equipaggio e attrezzatura (vele, albero, sartiame). Laddove una di queste componenti è deficitaria, in condizioni meteorologiche sfavorevoli bisogna attendersi sempre dei problemi. Non vogliamo entrare nel merito delle discussioni sorte in entrambe le manifestazioni: era meglio non dare la partenza, era meglio ritardare, era meglio annullare la regata. Lo skipper di ogni barca, all’atto dell’iscrizione, firma di assumersi le responsabilità inerenti allo svolgimento della regata, sollevando in tal modo gli organizzatori da qualsiasi responsabilità. È lui skipper che avendo ben presenti il valore dei parametri della barca decide o meno di prendere parte alla competizione, o se proseguire in presenza di particolari condizioni meteo che possono consigliare per un dignitoso ritiro. È meglio avere paura che prenderle, recita un vecchio adagio, che vale particolarmente in una situazione in cui vengono messe in gioco anche le vite umane. È quello che hanno fatto saggiamente coloro che, non sentendosi all’altezza della situazione, hanno deciso il ritiro dell’imbarcazione dalle due regate, ancora più apprezzati quando hanno comunicato di non avere danni. Bravi nell’avere usato quella componente che fa parte del bagaglio di ogni buon marinaio: la previdenza. Veniamo ora a elencare qualche consiglio su come affrontare, quando non se ne può fare a meno, il tempo cattivo. Innanzitutto è necessario raccogliere le informazioni meteorologiche sul percorso che intendiamo fare: se è previsto il passaggio di una buriana, è opportuno attendere che sia passata, prima di partire. Altra cosa da fare è leggere attentamente il Portolano (quello edito dall’Istituto Idrografico della Marina, in quanto più completo nel descrivere la costa, i segnali e i segni precursori del tempo). Mancano gli elenchi dei ristoranti, ma è questa una notizia reperibile quando si è a terra! Con la carta nautica sotto gli occhi è opportuno vedere in quale porto o ancoraggio rifugiarsi nell’attesa che il tempo migliori (nel caso si sia colti alla sprovvista). Dopo avere ben chiara la situazione meteo, il suo evolversi e la cartografia del tratto di nostro interesse, è necessario chiedersi: la mia barca è in ordine per prendere venti di trenta-quaranta nodi? L’albero, gli attacchi delle crocette, il sartiame, è stato visionato e trovato in ordine, oppure sono anni che nessuno lo controlla? I tornichetti sono liberi nel loro movimento o sono pieni di grasso indurito che li blocca? La barca che abbiamo è da regata o da crociera? Se da regata l’albero sarà molto probabilmente in grado di tenere meno tela, con vento forte, come documentato dai molti disalberamenti nelle varie regate con raffiche forti… E le vele in che stato sono? Spesso si rappezzano, sono “spanciate”… abbiamo a bordo una randa da tempo cattivo (di superficie ridotta) e un fiocco e una tormentina in buono stato? Che tipo di equipaggio abbiamo? Che tipo di esperienza hanno i suoi componenti? Soffrono il mal di mare? Solo quando avremo risposto affermativamente a queste domande o avremo delle risposte esaurienti alle domande che ci siamo posti decideremo di partire in caso di cattivo tempo o in presenza di segnali premonitori che ci annunciano il suo prossimo arrivo. Vi sono poi un elenco di operazioni da fare prima della partenza o comunque prima dell’arrivo della burrasca (vedi tabella a fianco).

È bene fissarsi in testa che chi va per mare deve fare il passo secondo la sua gamba: la natura, in mare come in montagna, non perdona l’improvvisazione! Tendere l’amantiglio, lo strallo di prora (per rendere l’albero più solido ed eliminare la “catenaria” di prora). La presa di mani di terzaroli servirà ad “appiattire” la randa, rendendola più adatta a sopportare i venti forti. Per diminuire la “portanza” delle vele, è opportuno “scarrellare” ovvero portare il carrello della scotta della randa all’estremità sottovento della rotaia, così come arretreremo il carrello della scotta del fiocco. In tal modo appiattiremo il fiocco nella parte bassa permettendo così lo “scarico” laterale del vento. Sono piccoli accorgimenti, che consigliamo ai nostri lettori di voler provare in uno specchio acqueo riparato, magari con vento forte e mare calmo, in modo da acquisire quegli automatismi necessari per poter navigare in sicurezza anche in presenza di condimeteo avverse. Il Mediterraneo è un mare in cui normalmente non si alza troppo mare, ma il vento è spesso molto forte, in occasione di maestralate, libecciate, sciroccate. E che dire del Meltemi? Il “periodo” delle onde è più breve, e questo porta la barca a “battere” maggiormente. Prendere dei “colpi di mare” nel golfo del Leone come nel Canale di Sicilia o nel golfo di Taranto non è da principianti. Quando si decide di andare per mare in quelle condizioni di vento e di mare, presenti o annunciate, e cioè con mari forza cinque-sei e vento forza sette- otto, un minimo di riflessione sulle condizioni dello scafo, dell’alberatura e velatura, dell’equipaggio di cui disponiamo, si impone. Molti skipper delle due regate citate, buoni e anche ottimi marinai, si sono trovati in difficoltà perché si sono accorti, al momento del bisogno, di essere senza equipaggio. Tutti a pagliolo! E non è possibile stare al timone, tenere la scotta della randa e cambiare la vela di prora… a meno di possedere il dono dell’ubiquità!

BURRASCA IN ARRIVO: ECCO COSA FARE
1.Controllare che gli scarichi del pozzetto siano aperti.

2.Chiudere tutti i boccaporti e gli oblò.

3.Tenere a portata di mano il tambuccio per poter chiudere il boccaporto di accesso all’interno.

4.Chiudere tutte le prese a mare.

5.Controllare il rizzaggio del canotto di salvataggio verificando che sia “in chiaro” la ritenuta che ne permette l’autogonfiaggio.

6.Verificare che nulla sia in bando sulla coperta o nel pozzetto.

7.Alzare il riflettore radar. Oltre a semplificare le eventuali operazioni di ricerca, serve per evitare collisioni con navi mercantili.

8.Controllare che le maniglie dei verricelli abbiano il “fermo” inserito.

9.Controllare che le manovre dell’albero siano in chiaro.

10.Controllare che i fiocchi e la tormentina siano in ordine (con particolare controllo dei garrocci e dei grilli).

11.Controllare la randa (drizza in chiaro) e l’efficienza del sistema della presa di mani di terzaroli.

12.Un’ora prima della partenza o dell’arrivo della burrasca, assumere medicinali contro il mal di mare (cerotto, pillole), se nell’equipaggio ci sono sofferenti.

13.Stivare tutto in modo che non vi siano oggetti liberi di muoversi. Rizzare eventuali contenitori.

14.Controllare la perfetta funzionalità delle pompe di sentina.

15.Assicurarsi che ogni componente dell’equipaggio conosca l’ubicazione dei razzi di soccorso, degli estintori e della cassetta di pronto soccorso. Se necessario, spiegare l’uso della radio.

16.Preparare per tempo del brodo caldo, caffè e/o the e versarlo in uno o più thermos.

17.Preparare panini, gallette o biscotti e tenerli in un luogo dove non possano bagnarsi.

18.Se si prevede che la burrasca arrivi di notte, prendere almeno una mano di terzaroli e alzare il fiocco o la tormentina quando c’è ancora la luce. Meglio sempre stare “sotto invelati”, la notte, e farsi trovare già in assetto quando arriva la buriana.

19.Controllare la carica delle batterie, mettendole sotto carica se necessario.

20.Controllare l’efficienza della radio. Tenere un telefono cellulare (carico) e acceso con la predisposizione del numero verde della Capitaneria di Porto (se la navigazione è in prossimità della costa).

21.Indossare le cinture di sicurezza, controllando che il cavo di ritenuta sia in chiaro e vincolato allo scafo. Se possibile, fissare la “life-line”, un robusto cavo che va da poppa a prora ben legato alle strutture fisse.

22.Indossare il vestiario idoneo per il periodo, tenendo presente che si può soffrire il freddo anche in piena estate. Mettere calze di lana o termiche e stivali in modo da stare all’asciutto. Tenere pronta una muta di ricambio.

23.Tenere sul tavolo da carteggio la carta ben fissata e avere l’avvertenza di seguire con cura la navigazione (anche se solo stimata). Servirà ad avere un’idea abbastanza precisa del “dove siamo”. Scrivere sul brogliaccio i dati che ci servono: velocità, rotta, forza e direzione del vento.

24.Indossare il giubbotto salvagente anche se ci dà fastidio nei movimenti. L’obbligo diventa assoluto per chi manovra all’albero e ancor più a prora.

25.Controllare che il motore sia in ordine e pronto a partire.

26.Tenere d’occhio il barometro: quando scende la perturbazione arriva. Quando accenna a risalire è tempo di pensare ad assumere un assetto con maggiore velatura, che aumenteremo gradualmente.

27.Tenere ben presente la zona di mare in cui si naviga. Navigare nel golfo di Trieste o nell’arcipelago Toscano è cosa ben diversa dal navigare nel canale di Sicilia, nello Jonio fra l’Italia e la Grecia o nel golfo del Leone.

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